martedì 9 dicembre 2014

Disinformazione in guerra

Ieri l’esercito regolare libanese ha arrestato uno dei figli del califfo Abu Bakr al Baghdadi ed una delle sue mogli. Sono stati bloccati dai servizi d’intelligence dell’esercito mentre tentavano di attraversare un valico di frontiera per entrare in Libano dalla Siria utilizzando documenti falsi. I parenti del dittatore del Califfato sono stati portati presso al ministero della difesa a Yarze, sulle colline ad est del Beirut. È molto probabile che in questo preciso istante stiano venendo sottoposti ad un interrogatorio torchiante che non esclude metodi di tortura psicologica e fisica, cosa totalmente legittima in caso di guerra.
La moglie di Abu Bakr, essendo siriana, possiede informazioni importanti inerenti il Fronte al Nusra, la branca siriana di Al Qaeda che recentemente ha rapito ed ammazzato oltre una trentina di poliziotti regolari siriani. La notizia, riferita dal quotidiano As Safir, ha voluto mettere in luce che la cattura dei due ricercati ha potuto avere buon fine grazie al coordinamento delle forze militari nazionali con i servizi segreti stranieri. Più che il gesto della cattura di due individui ciò a cui mira la propaganda anti-islamica è l’indebolire l’insorgenza dello stato dalla bandiera nera facendoli sentire nel mirino di tutti i reparti speciali del mondo.
In guerra la propaganda è fondamentale al fine di demoralizzare psicologicamente gli avversari ed indebolirli sul fronte morale. A riguardo è importante anche riferire che la giovane Gill Roserberg , prima donna arruolatasi nelle truppe curde per combattere l’avanzata del califfato, è in realtà viva e libera. Nonostante il Corriere della Sera abbia annunciato la sua cattura quest’oggi la giovane, nata in Canada, trent’un anni fa, esperta di armi ed istruttrice dell’esercito, ha postato sul suo profilo FB che sta bene.
Questo genere di notizie, che mettono in luce le vicende di un singolo personaggio vittima del conflitto, hanno l’unico scopo di creare dei “ Simboli” per facilitare la comprensione e l’elaborazione della guerra. È importante quindi assumerli per ciò che sono e, come ne caso di James Foley o il cosiddetto Angelo di Kobane, evitare di trasformarli in eroi. I militi ignoti che muoiono a centinaia tutti i giorni vengono oscurati da questi simboli, ed al lettore medio viene fatta dimenticare la tragedia della guerra: ossia il lutto di civili innocenti costretti ad imbracciare le armi.
Liliane Tamihttp://www.mattinonline.ch/la-guerra-non-porta-eroi-ma-solo-la-morte-di-innocenti/


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